Violenza, bullismo, demotivazione, burn-out, scarso senso di realizzazione professionale, depersonalizzazione ….queste alcune delle principali problematiche, presenti anche nel mondo della scuola, dei giorni nostri.
Tutti questi aspetti sono ancora più evidenti se consideriamo il “mito del progresso” dell’era nella quale viviamo. Indubbiamente abbiamo fatto passi da gigante nell’ambito del progresso scientifico e tecnologico, nella nostra storia recente, ma contemporaneamente qualcosa è andato perduto. Il cervello analitico è divenuto ipertrofico a discapito dell’emisfero destro. Ian McGilchrist, sulla relazione esistente tra i due diversi emisferi cerebrali ( The Master and His Emissari, Yale University Press, New Haven 2009) indica la voce dell’emisfero destro quale la voce del nostro maestro interiore, mentre indica la voce dell’emisfero sinistro quale quella di un’intelligenza meno profonda che di fatto ha usurpato il mantello del maestro.
Attingendo al pensiero di grandi saggi, quali Buddha, Socrate, Sant’Agostino, l’umanità se vuole sconfiggere l’ignoranza, fonte della nostra sofferenza e della nostra distruttività, deve recuperare il pensiero intuitivo, che opera nella comprensione del pensiero complesso dei sapienti di tutti i tempi.
Altro suggerimento per sconfiggere la sofferenza ci viene da Schopenhauer, secondo il suo pensiero, noi soffriamo per i nostri desideri eccessivi, quindi un modo per ritrovare la felicità è quello di ridurre i desideri. Ben si comprende come questi valori non siano nemmeno minimamente presi in considerazione nei tempi odierni, nella nostra società consumistica, ove ci troviamo sottoposti a continui stimoli che ci portano sempre di più a correre alla ricerca della soddisfazione del desiderio seguente, all’immagazzinare sempre più nozioni ed informazioni.
Da queste premesse nasce la necessità, in ambito scolastico, di una rivoluzione profonda, basata su un’educazione etica, per il raggiungimento di una maggiore consapevolezza, al fine di vivere la crisi quale possibilità di rinascita. Questa rivoluzione è perseguibile grazie alla resilienza. Il termine resilienza, estrapolato dalla fisica, viene usato in campo umano dalla ricercatrice Emmy Werner.
Secondo gli studi della Werner, la resilienza è la capacità di far fronte in maniera positiva agli eventi traumatici della vita, riorganizzandosi, malgrado le difficoltà ed adattandosi a ciò che è nuovo e diverso, prendendo la parte di vecchio che è ancora utile e scartando quella che non lo è più. Dall’analisi del periodo storico che stiamo vivendo, emerge la necessità di attingere dalla resilienza per poter apprendere modalità di vita più confortevoli e più umane.
Poiché la resilienza genera resilienza, essa potrebbe essere un potenziale strumento per riuscire a realizzare relazioni positive e solidali, con superamento del burn-out, con maggior grado di autostima ed autoconsapevolezza, senso di realizzazione professionale, sviluppo dell’intelligenza emotiva, con miglioramento delle capacità comunicative e di problem-solving.
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